Ipertrofia prostatica benigna, ne soffre oltre il 50% degli italiani over 50
L’iperplasia prostatica benigna, conosciuta anche come adenoma prostatico o in maniera inesatta come “ipertrofia prostatica benigna”, è una condizione caratterizzata dall’aumento di volume della ghiandola prostatica.
Le stime ci dicono che circa il 50% degli uomini sopra i 50 anni, con un incremento medio di circa il 10 % ogni decennio. Morale, l’80% di chi ha più di 80 anni ha la prostata ingrossata e qualche sintomo correlato. Che oggi può essere trattato con successo, ma spesso viene trascurato perché i fastidi progrediscono pian piano e i pazienti ci si abituano quasi senza rendersene conto.
I sintomi non sono correlati con le dimensioni della ghiandola: infatti una prostata di piccole dimensioni può provocare sintomi ostruttivi molto più gravi di una prostata dalle dimensioni maggiori; questo perché la sintomatologia deriva dalla somma di due componenti: quella statica, determinata dalla massa della ghiandola, e quella dinamica, dovuta al tono della muscolatura liscia del collo vescicale, della prostata e della sua capsula. Riconosciamo due tipi di sintomi: quelli urinari di tipo ostruttivo, e quelli di tipo irritativo. Fra gli ostruttivi si ricordano la difficoltà ad iniziare la minzione, l’intermittenza di emissione del flusso, l’incompleto svuotamento della vescica, il flusso urinario debole e lo sforzo nella minzione.
Fra i sintomi irritativi si annoverano la frequenza nell’urinare, che è detta pollachiuria, la nicturia, cioè un aumentato bisogno durante la notte, l’urgenza (la necessità di svuotare la vescica non può essere rimandata) e il bruciore ad urinare. Questi sintomi, ostruttivi ed irritativi, vengono valutati usando il questionario dell’ International Prostate Symptom Score (IPSS), formulato per appurare la severità della patologia.
La IPB può essere una patologia progressiva, specialmente se non curata. L’incompleto svuotamento della vescica può portare all’accumulo di batteri nel residuo vescicale aumentando i rischi di prostatiti e pielonefriti. L’accumulo di urina può, peraltro, portare anche alla formazione di calcoli dovuti alla cristallizzazione di sali nel residuo post-minzionale. La ritenzione urinaria, acuta o cronica, è un’altra forma di progressione della patologia. La ritenzione urinaria acuta è l’incapacità a vuotare completamente la vescica, mentre quella cronica vede il progressivo aumentare del residuo e della distensione della muscolatura della vescica. Chi soffre di ritenzione urinaria cronica, può andare incontro ad una patologia di compromissione renale detta uropatia ostruttiva.
È importante intervenire il prima possibile, per evitare che il problema diventi cronico con conseguente peggioramento della qualità della vita. Presso il Poliambulatorio Oberdan potrai avvelerti della consulenza del Dott. Alberto Gritti, specialista in urologia.
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