Buon viaggio Madiba

IL 16° UOMO

Ieri è scomparso Nelson Mandela, ma il suo mito vivrà per sempre. La leggenda dell’uomo che ha lottato contro la segregazione razziale in Sudafrica continua in un universo di colori e istanti di vita irripetibili. Fu a lungo uno dei leader del movimento anti-apartheid ed ebbe un ruolo determinante nella caduta di tale regime, pur passando in carcere gran parte degli anni dell’attivismo anti-segregazionista. Protagonista insieme al presidente Frederik Willem de Klerk dell’abolizione dell’apartheid all’inizio degli anni Novanta, venne eletto presidente nel 1994, nelle prime elezioni multirazziali del Sudafrica, rimanendo in carica fino al 1999. Il suo partito, l’African National Congress, è rimasto da allora ininterrottamente al governo del paese.

Una delle prime sfide come Presidente fu sicuramente far riconciliare un popolo che non era mai stato unito e lo fece usando gli Springboks, la nazionale di rugby sudafricana, per decenni simbolo dello sport dei bianchi. Una sfida difficile, che non venne vissuta facilmente né dagli attivisti dell’ANC né dai giocatori della nazionale, al 99% composta da afrikaaner. Divisi dalla razza, ma anche dalle idee politiche, dalla cultura, così lontani gli uni dagli altri. Il primo che Mandela volle convincere fu il capitano degli Springboks, François Pienaar, che dell’incontro con Madiba ricorda come “sembravo un bambino con la bocca spalancata di fronte a un vecchio uomo che mi racconta una storia incredibile”.

Nel 1995 il Sud Africa, che aveva saltato le precedenti edizioni iridate causa boicottaggio, ospita la Rugby World Cup. Una sfida da vincere sul campo, sugli spalti e in un’intera nazione. Non fu facile, in tutti i sensi, ma alla fine il trionfo degli Springboks fu il primo, vero, momento in cui i sudafricani si sentirono un popolo. E questo trionfo fu fortemente voluto proprio da Nelson Mandela, che di rugby ne masticava poco, ma capiva gli uomini.

Noi che amiamo lo sport anche per il suo ruolo educativo, vogliamo salutare Madiba con una poesia che l’ha accompagnato nei suoi anni di prigionia, dal titolo Invictus, scritta dal poeta inglese William Ernest Henley

Dalla notte che mi avvolge,

nera come la fossa dell’Inferno,

rendo grazie a qualunque dio ci sia

per la mia anima invincibile.

La morsa feroce degli eventi

non m’ha tratto smorfia o grido.

Sferzata a sangue dalla sorte

non s’è piegata la mia testa.

Di là da questo luogo d’ira e di lacrime

si staglia solo l’orrore della fine.

Ma in faccia agli anni che minacciano,

sono e sarò sempre imperturbato.

Non importa quanto angusta sia la porta,

quanto impietosa la sentenza,

sono il padrone del mio destino,

il capitano della mia anima.

RICHIEDI
UN APPUNTAMENTO

Hai bisogno di informazioni
oppure necessiti di fissare un appuntamento
con il Poliambulatorio Oberdan per un consulto?